Le antiche rovine di Canale Monterano

Terza gita fuori porta con gli amici geocaher, da quando abbiamo iniziato questa routine, il luogo lo abbiamo deciso al ristorante quindici giorni prima, nell’altra routine, quella mangereccia.

Oggi siamo venuti a caccia a Canale Monterano, dove alcuni di noi sono già stati, ma non completata e siamo in undici, ovvero: Geppo&Poncho, Tshio, pavido_hobbit, TerroneInRome, 21Aprile753ac, Lillemaider&Dr.Pallo e l’immancabile Vanessa, GioeleElio detto piè veloce e noi, GROTTAMBULOeDOLINA.

Grazie a chi ci era già stato, avevamo già le coordinate finali della Mistery, ma dato che la maggior parte di noi doveva cercarle tutte, la cosa ci ha poco agevolato solamente, anzi, sapevamo anche quali erano le criticità di questo giro, permettendoci prima di venire meglio attrezzati e poi di ripristinare quelli mancanti o malconci.

Va bene, bando alle ciance e cominciamo.

Partiamo dal parcheggio nei pressi delle Cascate della Diosilla (GC6w9q8) e proprio qui giungiamo dove è nascosto il primo cache, posto magico, ma così magico che il contenitore è sparito. Da notare una incongruenza, è indicato come “small”, ma la descrizione dice invece “molto piccolo”.

Ci soffermiamo una buona mezz’ora a cercare e a fotografare la cascata, la copertura arborea non aiuta la ricerca, finalmente con l’aiuto della foto spoiler troviamo il nascondiglio, ma non il contenitore, d’altro canto i log precedenti non lasciano dubbi, così visto che si tratta di un bel posto, riteniamo che valga la pena un ripristino.

21Aprile753ac è ben fornito di contenitori sostitutivi e visto che l’umidità ambientale potrebbe minare la loro resistenza, raccogliamo un barattolo di vetro tra i rifiuti che purtroppo sono sparsi nel bosco e raddoppiamo la protezione mettendoli uno dentro l’altro.

Fatto, ci mettiamo una pietra sopra, letteralmente e fisicamente e ci dirigiamo verso il prossimo cache.

Lungo il percorso ci soffermiamo a visitare la solfatara, una enorme pozza bianca in cui gorgoglia l’acqua sulfurea che proviene dal sottosuolo, benchè fredda, si perchè se non l’ho ancora detto, ci troviamo in un area termale a pochi chilometri dal lago di Bracciano e dagli altri che non sono altro che le bocche di antichi vulcani in stato di quiete millenaria.

Proprio di fronte si trova Indian Rock (GC27892), il nostro secondo cache, il cui nome lo eredita da una sporgenza rocciosa che assomiglia ad un volto, troviamo facilmente il contenitore, in buone condizioni, salvo il fatto che l’indizio che serve a completare le coordinate finali della Mistery non si legge più, però giacché alcuni di noi lo avevano già trovato, questo ci ha permesso di risegnare quello che manca e rendere nuovamente efficiente questo passaggio.

A questo punto ci dirigiamo verso la città diruta di Monterano (GCKKJZ), passiamo accanto ad una antica fontana, gli archi di un acquedotto, e finalmente entriamo in paese, dove restano in piedi, le rovine della Chiesetta di San Rocco, alcune parti del Palazzo feudale, con la berniniana fontana del Leone (la statua del leone originale è stata collocata nel Municipio di Canale), il campanile della Cattedrale di Santa Maria, eretta quando Monterano era sede di diocesi e i resti di alcune abitazioni, spesso costruite sopra tombe etrusche.

Qui troviamo il terzo cache, tutto sommato in buone condizioni, ci sono molti foglietti ed è divertente leggere i nomi degli amici che purtroppo non giocano più, poi ci attardiamo a visitare le rovine, il pavido_hobbit si cimenta in una azzardata arrampicata, emulata poco dopo dalla piccola Vanessa.

Ci spostiamo poi a visitare la Chiesa e il Convento di San Bonaventura con la prospiciente fontana ottagonale, luogo in cui sono state girate alcune scene del Marchese del Grillo.

Ora qualcuno comincia a sentire i morsi della fame, ma gli chiediamo di resistere un poco ancora, vogliamo almeno raggiungere il “final” de La Mola Vecchia (GC2W1E8), ovvero la Mistery, prima di fare merenda.

Imbocchiamo il sentiero che ci conduce all’altra solfatara e poi risaliamo il fiume fino ad una tagliata, che scopriamo sia il luogo dove è nascosto il cache.

Purtroppo anche questo è scomparso, Tshio che l’ha già trovata, ricorda il nascondiglio e rinveniamo solo una bustina di plastica, senza contenitore e senza logbook, così anche questo lo ripristiniamo e lo rimettiamo nel suo giaciglio e dopo aver scattato le foto di rito, finalmente ci fermiamo per la sospirata merenda.

Si riparte, ora viene il bello, ci aspettano due guadi, quanto dovremo bagnarci? Il mistero è ben presto svelato, fino alle caviglie, il sempre meno pavido_hobbit, ci cimenta in un’altra acrobatica arrampicata e riesce a bagnarsi solo un piede, Geppo, con l’aiuto dei bastoncini da trekking riesce a passare sui pochi sassi sporgenti, Tshio prima, dopo io e Dolina entriamo in acqua senza problemi, e magia, 21Aprile753ac tira fuori dal suo zaino un lucente paio di stivali di gomma, che rivenderà a caro prezzo, non solo ai restanti gitanti, ma anche ai successivi sconosciuti che nel frattempo ci hanno raggiunto.

Per questo passaggio ci è voluto un po’ di tempo, nel frattempo io e Gioele andiamo in avanguardia al successivo guado, nulla da fare, anche qui acqua alta, unica possibilità di rimanere asciutti, un tronco a qualche decina di metri che attraversa il fiume ed è qui che si aprono le scommesse su chi cadrà in acqua, il meglio lo darà l’ormai “Impavida Hobbit”, elegante come una provetta acrobata, per il resto assisteremo a scene da Circo Barnum.

Superato il fiume, il fiume un solo ostacolo ci separa dalla Capanna del Buttero (GC2E46Q), ovvero il quarto cache, le famose mucche assassine, che poi si riveleranno delle docili e mansuete bisteccone, che custodiscono il contenitore nascosto in bella vista, ma solo per chi sarà capace di arrampicarsi sul pietrone.

Troviamo tutto in ordine, a parte il fatto che l’indizio per risolvere la Mistery è semicancellato, così forti dell’averla già trovato, rimediamo riscrivendolo per bene, a beneficio di chi ci seguirà.

Pochi metri più il la, troviamo la capanna, dove Lillemaider e Dolina pare abbiano deciso di mettere su famiglia, vabbè mettiamola così e basta.

Finalmente siamo sulla dirittura d’arrivo, manca l’ultimo cache nei pressi della Sorgente di Rafanello (GC29KR1), ci incamminiamo allegramente, Gioele che ha zampettato dietro a noi fin’ora, accusa un po di stanchezza, ancora non ha recuperato a pieno dopo l’incidente di qualche mese fa, per cui insieme a Dolina e Vanessa si ferma a riposare, mentre noi altri proseguiamo.

Dopo qualche minuto di cammino in salita, qualcosa non mi torna, chiacchierando abbiamo sbagliato strada, il sentiero giusto è dalla parte opposta, così quelli in attesa ci vedo ritornare, poi preso il sentiero giusto, nei pressi di un area picnic troviamo l’ultimo cache, ancora in perfette condizioni, nessun intervento nostro è necessario, così firmiamo rapidamente e ce ne torniamo indietro.

Ora li abbiamo trovati tutti, il rientro, stanchi e senza stimolo, è un po’ noioso, ci fermiamo solo per visitare qualche cavità e scattare qualche ultima foto, poi arriviamo finalmente alle macchine, alla fine abbiamo fatto circa dieci chilometri.

Tocca riportare ora il pupo a casa, di fronte la quale ci fermiamo per una meritata apericena, finisce così la terza uscita del gruppo Geocaching @ Roma

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‘na gita a li Castelli ed alle sue Fonti

Insieme a Dolina, after8, Terroneinrome e Geppo privo di Poncho, oggi 15 gennaio 2023 ci apprestiamo a percorrere il Geo Trail delle Fonti dei Castelli Romani, ideato da Ricixxx, che ancora vede poche ripetizioni.

Ci troviamo nel comune di Rocca Priora, il circuito ad anello tocca quattro sorgenti naturali, conosciute già in epoca preromana, come testimonia anche la presenza di cavità ipogee nei pressi.

Scaricato il percorso da wiklok, come consigliato da Ricixxx, nei giorni precedenti ho studiato il percorso e per poter fare meno salite possibili, trovo come conveniente punto di partenza, un parcheggio nei pressi dello Stadio Montefiore (N41° 46.707′ E12° 46.400′), proprio dove inizia il sentiero che porta in cima all’omonimo monte e dove è situata una dei cinque cache che andremo a cercare.

Questo punto è abbastanza in alto de evitarci lunghe salite, ma per garantirci un percorso in gran parte in discesa, parcheggiamo una seconda auto nei pressi della Sorgente della Tegola, ovvero dove il sentiero incrocia la strada asfaltata (N41° 46.593′ E12° 48.329′).

Durante il viaggio di avvicinamento, una gradita sorpresa: ci telefona Azonzoforever, dicendo che era in zona con altri amici e che ci avrebbe aspettato per un saluto.

Così ci ritroviamo, verso le 9,30 ai piedi di Monte Fiore da dove iniziamo, primo cache GC7RPD3, propio in cima, sappiamo che non sarà facile cercarlo, ma da lontano vediamo gente, intuiamo che sono i nostri amici che ci aspettano e così la salita ci sembra meno irta.

Una volta su iniziamo a cercare, le indicazioni ci dicono che il cache è sotto un sasso, non è alle coordinate ma a qualche decina di metri, questo per noi non è normale, sopratutto in cima ad un colle pelato, dove il GPS prende bene, ma questo è quanto e ce lo dobbiamo far andare bene.

Dopo un po’ di girovagare, tutte e nove le persone impegnate, tornano a mani vuote, come i giocatori precedenti, che sei mesi fa avevano già tentanto, non poteva essere altrimenti vista l’ampiezza e non usuale area di ricerca, quindi dopo un rapido consulto, decidiamo di metterne una nuova in sostituzione, sperando di far bene, d’altro canto il luogo è molto frequentato, insieme a noi sul posto ci sono altre persone e diversi mountain bikers, il sospetto che il contenitore originale sia scomparso, si fa sempre più forte ed è un peccato che un così bel posto venga privato del suo cache, che i giocatori futuri, tornino a casa, con del bello negli occhi certamente, ma nulla nel paniere.

Salutato Azonzoforever ed i suoi amici, iniziamo ora il vero giro delle fonti, dalla macchina proseguiamo a piedi la strada principale, che ben presto diventa impercorribile per le auto, la lunga salita di avvicinamento è tutto sommato dolce, dopo aver percorso un paio di chilometri e superato qualche abitazione, giungiamo alla Sorgente del Piscaro GC7RPCY, le coordinate sono buone, l’indicazione precisa, trovare il contenitore è un gioco da ragazzi.

Ora inizia la vera salita, seguendo la traccia in nostro possesso, torniamo qualche decina di metri indietro ed imbocchiamo un sentiero in salita, fortemente scavato dai torrentelli di origine piovana, il cielo è grigio, minaccia pioggia, per fortuna ancora non succede nulla.

Dopo circa 1,5km siamo così al terzo cache, Sorgente Monte Ceraso GC7RPD4, nel punto più alto del Trail, a mio avviso questo è stato quello più difficile, le coordinate tutto sommate sono buone, ma l’ambiente circostante è tutto uguale, fondamentale è stata la foto spoiler, sinceramente non ricordo nemmeno la fonte, giunti alle coordinate ci siamo immediatamente scapicollati giù per il pendio, senza nemmeno fare foto, alla ricerca del contenitore senza guardare altro, comunque alla fine Geppo trova l’agognato tesoro.

A questo punto il cache successivo, in linea d’aria non sembra lontano, i due di noi più in basso decidono di proseguire in quella direzione, io e gli altri più in alto seguiamo la traccia e ben presto ci incontriamo di nuovo.

Ora percorriamo uno stradone in discesa, che abbandoniamo a metà del percorso, per un sentiero meno bello ma più pratico, fino a quando dopo circa 2,5km ci troviamo davanti la Fonte dei Formali GC7RPD9, un bel posticino nel quale ci fermiamo per la meritata merenda. Secondo me l’indicazione nel listing è fuorviante e lo si capisce meglio leggendo i log precedenti, tuttavia mi incaponisco nel cercare nei pressi dell’ingresso del cunicolo dietro il cartello, ovviamente invano, saranno gli altri compagni di gita a trovare il cache.

Durante la merenda, l’anima da speleologo quale sono emerge, e comincio a guardare tutti i buchi presenti, fino ad infilarmi in uno di questi, dopo qualche minuto perso a fare foto ecco presentarsi Dolina al foro d’ingresso, preoccupata ma non troppo e così ci scappa pure una foto in uscita.

Bene si riparte, sono ormai le ore 14,00 e ci aspetta l’ultimo cache prima che faccia buio, fin’ora il tempo è stato clemente, solo qualche spruzzo di pioggia di tanto in tanto, ma col cielo grigio fa’ buio presto, ci mancano ancora circa 2,5km ed è meglio affrettarci.

Dopo qualche salie e scendi, prevalentemente scendi, la Sorgente della Tegola GC7RPDC ci appare in tutta la sua maestosità ed con tutta la sua mondezza, purtroppo è la più vicina alla strada e l’inciviltà dei villegianti colpisce sempre.

Questo cache ci ha dato molto filo da torcere, dopo una mezz’ora di ricerca, è stato necessario un aiuto da casa, da parte di chi l’aveva già trovato e da parte di chi ne aveva fatta manutenzione, con queste informazioni è tutto più facile. Per niente invece, non abbiamo trovato nulla e stavolta non possiamo sbagliare, per cui convinti di far cosa buona e giusta ne mettiamo uno nuovo, nel medesimo, presunto, nascondiglio.

Con questa finisce la nostra gita, l’auto di navetta ci aspetta a 500m, l’ungo il percorso trovo modo di sporcarmi ancora infilandomi negli ipogei che incontriamo, purtroppo pieni di sporcizia, così come il resto della strada fino alla macchina.

Un dovuto grazie va a Ricixxx per averci fatto conoscere questo bel luogo e a tutti quelli che ci hanno supportato e sopportato durante la ricerca, le descrizioni delle fonti le trovate nei listing dei cache rispettivi, la giornata si conclude alle ore 17,30 davanti un ottimo panino con la porchetta ed una fresca birra.

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La Ciclopedonale Canale Naviglio Zanelli

Siamo a Ferrara per l’event “(GC8HMP3) Fràra in taula: Caplàz e Salama [CCE]”, ma oggi si parte per la ciclabile attrezzata dall’amico NitiFlex.

Sveglia alle 6,30, dopo una ricca colazione, carichiamo le bici e ci dirigiamo a Faenza dove ci aspetta il noleggiatore da cui Geppo ha affittato la bici per lui.

Puntuali come orologi svizzeri arriviamo al parcheggio del centro commerciale e troviamo il tizio con cui cominciamo una ricca chiacchierata, con lui che oltre ad affittare è anche un ciclovagabondo ed ex geocacher, quindi ci si intende bene.

Geppo che è poco avvezzo alle lunghe gite in bici è preoccupato per le sue stanche membra e per la riuscita del recupero delle 110 cache, per cui chiediamo al noleggiatore se in caso di necessità può venirci a prendere e quanto ci costa.

La risposta: 80 euro, vabbè ci pensiamo, vediamo dove e come arriviamo e semmai lo chiameremo. Ci salutiamo e on extremis ci lascia con la promessa di un po’ di sconto.

La prima cache è praticamente a pochi metri, poi è un susseguirsi di stop and go, ogni 200 metri circa una cache, divertenti e facicili, ma per me abituato a pedalare è anche un po’ palloso, tuttavia proseguiamo tranquilli e spesso anche attraversando paesaggi bucolici, finchè Geppo non propone di avanzare a cingolo, ovvero uno scout, io, in avanguardia a cercare cache e loro dietro a firmare, quando posso firmo pure io, a volte glie le lascio in vista e proseguo, a volte è necessario l’aiuto di tutti.

Facciamo le prime 75 cache + 1 extra nei pressi in circa 3 ore e mezza, purtroppo un piccolo incidente ci fa perdere l’ultima cache, che ci cade nel tubo che la nascondeva e così al volo abbiamo dovuto sostituirla con una provvisoria, chiediamo scusa all’owner.

Finalmente arriva l’ora di merenda, a pochi metri dal fattaccio, in un ospitale bar, acquistiamo delle brioche salate farcite e facciamo scorta d’acqua, ci consultano se accettare lo sconto del noleggiatore o tornare indietro, alla fine ci accordiamo per farci venire a prendere, il prezzo nel frattempo si è abbassato a 65 euro, meglio così.

Prima di ripartire ci accorgiamo che abbiamo saltato la prima mistery, ma con il tempo risparmiato dal passaggio auto, sappiamo che possiamo recuperarla al ritorno con la nostra auto, per cui, via di nuovo in sella e stesso ritmo, nel frattempo incontriamo provenienti in senso opposto Sanvis e Mnc<3 impegnati nello stesso percorso, così in poco più di un’ora e tante zanzare sul percorso, troviamo le altre 33 cache + la seconda mistery e finalmente possiamo riposarci felici e contenti, nell’attesa per fortuna breve del nostro taxi bike.

Tornati alle nostre auto in mezz’ora e 50 euro in meno, tanto alla fine ci è costato il ritorno, abbiamo anche il tempo di recuperare la prima mistery dimenticata al mattino, in un bel posto, in cui ci spendiamo il tempo rimasto per fare foto e celebrare la riuscita della nostra missione.

Grazie a NitiFlex per la bella gita e per averci permesso questo nostro piccolo record.

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Un tranquillo weekend da geocacher – parte seconda

Finalmente è domenica, un’altra notte passata al fresco, era il nostro obbiettivo primario, ancora vaghiamo con la mente alla piacevole giornata di geocaching insieme al Team M&L, però non possiamo perdere troppo tempo, stiamo aspettando gli amici che verranno con noi alle Gole di Celano, così dopo una ricca colazione, prepariamo i bagagli, saldiamo il conto e lasciamo l’albergo, non prima di un ultimo caffè, quattro chiacchiere col barista che si informa sui nostri progetti e…. parte lo spiegone su cosa è il canyoning, ecc. ecc.

Lungo la strada abbiamo anche tempo di cercare un’altro cache, alla chiesetta degli alpini, all’inizio della Valle d’Arano, dove parcheggeremo poi l’auto a monte delle gole.

Bene, svolta anche questa pratica, ci dirigiamo al luogo d’appuntamento con gli amici, cioè all’uscita delle gole, dove lasciamo l’auto per la navetta (wp 42.085491 – 13.567962). Ci rggiungono Emilio, Barbara, Carim il neofita e Claudio (Olaf) vecchio lupo di grotta, assente dal giro da una trentina di anni.

Dopo una seconda colazione, siamo di nuovo ad Ovindoli, parcheggiamo nei pressi di un maneggio (wp 42.141363, 13.532788), sempre più lontano dalle gole, sette anni fa era un chilometro più avanti, al bivio con le sterrate, trent’anni prima addirittura al fontanile da cui iniziano le gole, vabbè fatto sta che dovremo farci tre chilometri a piedi, Rosa decide di non entrare nelle gole, ci accompagna per un po’, poi contattati M&L passerà la giornata con loro a caccia di altri cache.

La scarpinata per noi invece, per fortuna, ci risulterà più leggera dato che lungo il percorso cerchiamo gli ultimi tre cache, o meglio, io Claudio e Carim cerchiamo, gli altri invece allungano il passo e ci aspetteranno al fontanile.

Dopo una merenda ed una fresca bevuta al fontanile, entriamo nella gola, che troviamo si da subito asciutta, ma questo lo sappiamo, quello che non sappiamo e che scopriremo più avanti è che le uniche due pozze che ci avrebbero rinfrescato, sono quasi secche, non sono state necessarie teleferiche, come l’ultima volta, ci siamo bagnati al massimo fino al sedere.

Non c’è molto altro da dire, il salto più alto è di circa 20m, gli attacchi sono tutto sommato in ordine, forse qualcuno è da rivedere, ma non abbiamo avuto problemi, come non li hanno avuti ne il neofita che il vecchio lupo, siamo stati veramente bene, qualche ora di fresco in più rispetto a quelli rimasti in valle e poi l’ottima cena alla fine della giornata, che segna anche il termine della nostra breve vacanza.

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Un tranquillo weekend da geocacher – parte prima

Complice la necessità di un po’ di frescura, con Rosa decidiamo di fare un weekend ad Ovindoli, la sua altitudine di circa 1400m slm, dovrebbe garantirci un paio di notti tranquille, inoltre il programma ideato, ci permetterà di fare geocaching il sabato e le gole di Celano la domenica.

Cosi venerdì sera scappiamo da Roma e non senza qualche intoppo stradale, giungiamo ad Ovindoli verso le 22,00, presa la camera prenotata, ci dirigiamo verso il centro per rimediarci una cena come si deve. Non è stato facile trovarla, perché nonostante la piazza pulluli di gente, le cucine dei locali stanno chiudendo, però ce la facciamo, probabilmente nel locale più caro, ma la cena è gustosa ed il vino ottimo e poi cenare all’aperto con la felpa addosso non ha prezzo.

Finalmente è sabato, fatta colazione il programma prevede geocaching in zona tanto per cominciare, per assaggiare le cache locali, la prima è di una coppia di nostra conoscenza, Lillemaider&Dr.Pallo, facile facile, strano però perché ci hanno abituato a cose ben più complesse.

Vorremmo poi andare al castello di San Potito, anche questo cache nascosto da due nostre vecchie conoscenze, M&L, con cui ci vedremo nel pomeriggio, ma non riusciamo a capire dove parcheggiare e così decidiamo di pensarci al ritorno e andiamo invece ad Aielli verso la Grotta Sbuciata.

Devo dire un bel posto, un po arido in questa stagione, ma la location è stupenda, le rocce e le montagne che ci circondano, rendono fiabesco il posto, fatichiamo un po’ a trovare il contenitore per colpa della vegetazione che ricopre il nascondiglio, ma abbiamo la meglio noi e così possiamo visitare la grotta con tutta calma.

Prossima tappa, la chiesa di San Rocco ad Aielli, questa è stata nascosta dal REGOLOTEAM che non conosciamo, però apprezziamo il fatto che ci abbiano condotto qui per farci visitare questa cinquecentesca chiesetta.

Si è fatta l’ora di pranzo, il centro di Aielli è addobbato a festa, famosi sono i suoi murales, non potevamo non fare una sosta qui, giusto una merenda veloce e poi un giro veloce per digerire l’ostico hamburger.

Tornando indietro, dopo aver studiato la situazione parcheggio, finalmente andiamo al Castello di San Potito, eretto all’incirca nel X secolo, ma ridotto ormai ad un rudere, ma ancora interessante da vedere, e poi un altra cosa mi ha colpito, dal belvedere, vi vede in tutta la sua bellezza un canyon, che dopo un rapido giro di chat con gli amici, vengo a sapere si tratti del Fosso dei Curti, ora in secca, ma sembra interessante, chissà se presto non riesca ad organizzarne la discesa.

Comunque dopo ci dedichiamo al cache, la foto spoiler è inequivocabile, ma il contenitore è sparito, chiediamo conferma al proprietario, che ci autorizza poi ad una rapida manutenzione, ora ce n’è uno nuovo.

Sono ormai le ore 17,00, abbiamo appuntamento con Diletta, Luca ed Emanuele, il fantastico team M&L, di cui siamo ospiti a cena, non prima però di averci accompagnato a fare un bel giro tra Rocca di Mezzo, Rocca di Cambio ed i Piani di Pezza a caccia di cache, gran parte di loro proprietà, i posti sono stupendi, i cache sono facili da trovare, purtroppo o per fortuna, poca gente ad infastidire la caccia e poi nonostante il caldo, non si suda, qui l’aria è secca, alla fine del pomeriggio nel nostro paniere abbiamo una decina di cache nuovi, più i quattro della mattina, certo considerando la giornata a disposizione non sono molti, ma ci siamo goduti di più i luoghi e la compagnia e l’ottimo pasto preparato dai padroni di casa.

Purtroppo si è fatta notte, a malincuore dobbiamo salutare i nostri compagni di gioco, abbiamo bisogno di riposare perché l’indomani ci aspetta la discesa delle gole di Celano, ma questa è un’altra storia, che vi racconterò presto, promesso.

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Ferrata della Regina

Nell’ antico paese di Monteleone Rocca Doria, la Ferrata della Regina, percorre un ampio tratto delle cengie che caratterizzano il rilievo del monte su cui sorge.

Si parcheggia nel piazzale a fianco della chiesa di Sant’Antonio. Si torna indietro a piedi e si gira a destra fino ad un cancello arruginito con sopra l’indicazione della ferrata.

Quello che caratterizza questo breve percorso, ma comunque tutto il paese, sono le vecchie cave di tufo, squadrate, verticali, alte fino ad una trentina di metri, in alcune o state installato un piccolo parco avventura, in altre ricavato un belvedere protetto da parapetto in acciaio, oggi tutto abbandonato.

Si segue quindi il sentiero, giungendo sotto le pareti, falesie per chi arrampica, si passa dentro alcuni sgrottamenti, guardandosi intorno è facile non notare un bivio che scende a sinistra, ma guardando in basso tra la vegetazione, si vede la malconcia recinzione che prosegue, si oltrepassa una piccola sorgente e si giunge all’attacco,

la parte più difficile è la prima salita, 25m strapiombanti, che costringono le braccia ad un super lavoro, successivamente diventa poco più di una passeggiata, a parte il ponte tibetano, è tutto un seguere cengie attrezzate.

foto: D’Onofri

Lo sviluppo totale è di 600m, di cui solo 300m attrezzati, il dislivello totale è di +/- 60m, in un paio di ore massimo si percorre tranquillamente tutta la ferrata, che tra l’altro è quasi tutta all’ombra, tranne nella stagione estiva.

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Sa ucca ‘e su Peltusu

Consigliati dal Gruppo Speleo Ambientale Sassari, abbia scaricato la traccia gps da wikiloc che ci ha condotto con precisione all’ingresso.

ingresso N 40° 27′ 00,2” E 8° 40′ 43,5” – parcheggio N 40° 27.061′ E 8° 41.004′

La più importante grotta del territorio, che con i suoi 3180 m di sviluppo costituisce la più grande grotta della provincia di Sassari.

Con due ingressi, che attraversa da parte a parte il Monte Castanza, è formata da gallerie attive percorse da un torrente e da rami fossili superiori.

Nel suo interno è possibile osservare notevoli fenomeni di erosione carsica, con la presenza di un torrente sotterraneo e un deposito di ostriche fossili mioceniche di grande rilevanza, forse unico in ambito regionale.

Dal parcheggio, bisogna scavalcare due muretti a secco, pare dalle informazioni ricevute, che il pastore proprietario del fondo conceda di passare, quindi entrare in un boschetto fino alle coordinate

Il piccolo antro, è l’accesso ad un meandro basso e ciottoloso, asciutto, che poi diventa alto e sinuoso

Giunti ad una occlusione, avremmo dovuto fare una traversata, bagnandoci, comunque senza la muta, non necessaria, per uscire da un acquedotto, purtroppo non abbiamo trovato il passaggio giusto, però abbiamo esplorato diversi rami alti, fangosi.

Attrezzatura non necessaria, grotta orizzontale a parte qualche corda fissa.

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Siscia – Rio dei Mulini

Appena sbarcati dal traghetto, diretti verso Alghero, dove c’è ad attenderci Rosa, giunta per lavoro qualche giorno prima, inizia così la nostra vacanza in Sardegna e non potevamo lasciare incompiuta questa piccola forra che ci si pone proprio lungo la strada.

Siscia si raggiunge facilmente percorrendo la strada statale SP3 uscente dal piccolo abitato di Cargeghe. Dopo circa un chilometro si incontra un bivio a sinistra (40.663869, 8.631180) che conduce ad una sterrata dove è possibile parcheggiare non più di 3 o 4 macchine. Noi però abbiamo parcheggiato sulla strada asfaltata, poco prima del bivio, in pratica 200m prima.

Dal parcheggio si percorre la stradella che oltrepassa il vecchio mulino e raggiunge immediatamente un ponticello, poco oltre con una piccola disarrampicata sulla sinistra si raggiunge l’alveo (40.664269, 8.634010)

Fa molto caldo, ci cambiamo all’ombra dentro il fiume, il canyon è descritto per principianti e così è, una mezza dozzina di salti, tutti ben armati, ma la corda è indispensabile solo in due, qualche vasca profonda ma non tuffabile, molta vegetazione che però non da fastidio.

Dopo l’ultimo salto, quello obliquo con deviatore, si incontra un omino di pietre e poco più avanti un grande telo stampato indica l’uscita. Si segue il sentiero sempre evidente e segnato da altri omini di pietre, un paio di brevi rampe, con corde fisse, si scavalca un muro a secco e comincia la discesa. In generale una piacevole salita che in 20 minuti riporta al parcheggio.

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Il Revotano ed il Fosso di Galantina

Questo primo maggio, abbiamo accolto con piacere l’invito degli amici luisa e Marco, per andare a vedere il Revotano, luogo che volevamo già da tempo visitare, magari abbinandolo alla discesa del Fosso di Galantina, il cui ingresso si trova lungo il medesimo sentiero, così è stato.

Il Revotano e una grande dolina con un diametro di circa 250m e profonda circa 80m, per raggiungerla da Roccantica (Ri) bisogna percorrere via del campanile (parcheggio se arrivate con l’auto 42.3192889N – 12.6978139E) e poco prima del tornante, prendere un sentiero sulla destra con l’indicazione del luogo ed anche per i ruderi dell’eremo di san Leonardo, in una mezzora di leggero saliscendi si arriva sul bordo.

foto: De Filippis
foto: De Filippis

Da qui un comodo sentiero da prima, meno poi, scende all’interno, dove ci si trova in un ambiente del genere tolkieniano, il fitto bosco che cresce al suo interno ed i massi di crollo, sono completamente ricoperti di muschio, per muoversi all’interno spesso bisogna passare sotto rami bassi, come piccole gallerie naniche, da qui è impossibile vedere la vera grandezza della dolina, dove invece è possibile, è il belvedere a poche decine di metri dal punto di discesa iniziale.

Fatte le foto di rito, da qui il gruppo si divide, oggi siamo in otto, cinque di noi proseguiranno la passeggiata in direzione dell’eremo di San Leonardo, gli altri tre tornano brevemente indietro, fino ai ruderi di una vecchia mola da cui inizia la discesa del Fosso di Galantina (42.3121972N – 12.7026917E).

foto: De Filippis

Le indicazioni sulla guida, ci avvisavano che nella stagione secca avremmo potuto trovare pochissima acqua, non sapendo come regolarci ancora e con la minaccia della pioggia imminente, almeno la salopette della muta l’abbiamo indossata.

Non è stata necessaria, non ha piovuto e pozze con mezzo metro di acqua al massimo, abbiamo sudato come cinghialotti.

Durante la discesa abbiamoapprofittato per fare un po di scuola canyoning, i miei due accompagnatori hanno armato e gestito la discesa benissimo, ci possiamo ritenere tutti soddisfatti, tranne forse sulla qualità della forra, una decina di salti di altezza massima 8m, armati su alberi o spit singoli, sempre in ambiente ampio, ed un po di spazzature nella metà inferiore del percorso.

All’arrivo dopo circa 3 ore, 100m di dislivello e 2 chilometri di discesa, invece di rientrare a piedi, abbiamo trovato ad accoglierci Rosa che aveva provveduto a raggiungere il parcheggio basso (42.3172444N – 12.6857778E).

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I Bunker di Ponte Galeria

Oggi siamo stati a visitare uno dei bunker che si trovano presso Ponte Galeria ad una dozzina di chilometri da Fiumicino e a meno di 25 km dal Roma.

All’epoca della Seconda guerra mondiale la stazione ferroviaria era all’incrocio tra la linea Roma-Fiumicino e la dorsale tirrenica che univa Roma con Genova attraversando la Toscana.

La costruzione del Caposaldo risale al 1942, composto da trenta postazioni e diviso in tre settori: Muratella, Ponte Galeria e Vescovali.

La loro funzione era quella di controllare il nodo ferroviario e stradale e di impedire (o rallentare) i movimenti verso Roma di eventuali nemici sbarcati nel mare di Fiumicino, intenzionati a risalire lungo la sponda destra del Tevere. 

La nostra gita inizia alle spalle del centro commerciale Commercity, in via Vescovali, parcheggiando nei pressi dell’Impianto irriguo Ponte Galeria, ormai abbandonato, dei grossi blocchi di cemento impediscono il passaggio delle auto.

Seguiamo il sentiero, oltrepassando un vecchio cancello di metallo e saliamo sull’argine del tevere, un cartello ci ricorda che ci troviamo lungo la futura Ciclovia del Tevere, mantenuta in ordine da un gruppo di attivi volontari, innamorati del, come una volta veniva chiamato, “Biondo Tevere”.

Proseguendo quindi verso Roma, qualche centinaio di metri, superato l’impianto abbandonato, a sinistra tra le canne si intravede il buker, facilmente raggiungibile, bisogna però fare molta attenzione, perché pochi metri dentro il canneto, la vegetazione nasconde la buca di ingresso.

Dopo aver ammirato l’esterno dell’antica struttura, indossiamo le nostre luci frontali ed entriamo comodamete nella buca, scendiamo più in basso tramite delle comode scalette, pochi metri e risaliamo fin dentro la postazione, affacciandoci dalle feritoie in cui una volta erano collocate le mitragliatrici.

Siamo giunti fin qui non solo per scoprire un pezzo della nostra storia recente, ma anche per cercare il tesoro…..

Ah ah ah, niente oro, solo del sano e divertente GEOCACHING.

Bene per oggi basta, siamo soddifatti, possiamo rientrare non prima però di aver gustato un buon gelato artigianale.

Buona vita a tutti.

Un breve video lo trovate nel mio canale youtube e non dimenticatevi di visitare anche il mio Instagram

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